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..dalla tradizione del salento

Quant’ave

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Quant’ave ca nun passu te sta strata
dde cc’è sse maritau la beddha mia.

Quannu alla chiesa matre la purtara
commu nna cagnulina te retu scia.

E quannu l’acqua santa li manara
‘ncora le spiranze ieu tenia.

Quannu lu ‘nieddhru a mmanu li calara
‘ncora ucca a risu me facia.

Quannu la ucca soa jie disse “sine”
chiagiti uecchi mei nun è cchiù mia.

Tronu dde Marzu li pozza catire
a ci foe ca me scucchiau te la mia amore.

Terra cu nnu lu pozza mantinire
sule cu nnu lu pozza cchiu scarfare.

Lu liettu addhu se curca sia te spine
lu capitale te petra ‘nfernale.

A mienzu a mienzu cu sse troa nnu stile
cu li trapassa l’anima e llu core!

Questo è uno dei testi più noti nel salento ed è cantato con un tempo di Pizzica.

Narra la storia di un uomo e della propria amata.

Nel canto l’uomo ricorda il suo ultimo passaggio lungo la strada della sua donna e racconta di non averla definitivamente perduta fino al fatidico “si” detto però ad un altro.

L’uomo dunque decisamente scontento per la conclusione non felice della sua storia scatena la sua rabbia a colpi di versi e stornelli.

La spiegazione e la traduzione del canto è semplice tuttavia l’ho visto spiegata in due modi diversi.

Nel primo la donna sposa un’altro uomo perchè già promessa sposa (come era usanza in tempi passati) , nel secondo la donna tradisce l’uomo e  sposa po un altro.

Nella traduzione vanno bene entrambe le versioni in quanto l’uomo inveisce contro ” ci foe ca me scucchiau te la mia amore” cioè contro “chì l’ha diviso dal suo amore”.

Ecco la traduzione letterale del testo.
Da quanto tempo non passo da questa via
da quando la mia bella si è sposata.

Quando la portarono alla chiesa madre
gli andavo dietro come una cagnolina.

Quando la benedirono con l’acqua santa
avevo ancora delle speranze.

Quando le misero l’anello nelle mani
dalla mia bocca ancora usciva un sorriso.

(Ma) quando dalla sua bocca usci un “si”
occhi miei piangete (perchè) non è più mia.

Tuoni di Marzo gli possano cadere (addosso)
a colui che mi separò dal mio amore.

Possa (la) Terra mai mantenerlo
e che (non ci sia) sole che possa più scaldarlo.

Il letto dove dorme sia di spine
e il cuscino di pietra infernale.

In mezzo, in mezzo si possa trovare ad un pugnale
che gli trapassi l’anima e il cuore.

Autore: Mauro De Filippis

Laureato in Ingegneria Informatica nel 2008 presso l’ Università del Salento, Appassionato di Musica e di Musica Popolare, sono tra i fondatori del Gruppo Musicale e vicepresidente dell'Associazione Culturale AriaFriscA per oltre 15 anni impegnata nella rielaborazione e riproposizione della tradizione musicale Salentina. Studio Fisarmonica, adoro strimpellare gli strumenti della tradizione Celtica quali Tin e Low Whistle. Attualmente collaboro con i Tammurria e i SemiSparsi Per contattarmi potete usare la pagina Facebook di stornellisalentini.com Mi trovate anche su : Instagram by Mauro De Filippis e Youtube by Mauro De Filippis

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