Quantu me lu vantàra
lu trappitu
me lu vantava ci non era statu.La prima notte ne persi lu sonnu
la sicunna lu sonnu e l’appetitu.
Menzu la nave (1)
‘nc’era n’ommu stisu (2)
de diciassette parmi misuratu.La mamma li lassau (3)
nu bruttu tipu
ogni menz’ura ‘eggia cotulatu.
E’ un canto di lavoro e e di lamento dei trappitari, gli operai addetti al trappitu, il frantoio.
E’ una delle centinaia di canzoni di cui si ha una registrazione orale , registrate in Salento nel 1954 dall’etnomusicologo americano Alan Lomax, accompagnato da Diego Carpitella.
Traduzione del Testo
Quanto mi hanno parlato ben
del frantoio
ma chi lo faceva non c’era mai stato.
La prima notte perdetti il sonno
la seconda il sonno e l’appetito.
Al centro
c’era un uomo steso.
lungo circa quattro metri
La sua mamma aveva lasciato
il compito seccante
di ninnarlo almeno ogni mezz’ora.
Note
(1) Nave indica il frantoio. Sono molti i termini che hanno attinenza con la marineria specie nel mondo dei trappiti.
I tradizionali frantoi salentini erano prevalentemente ipogei, scavati nel tufo, nella pietra leccese o nel carparo. Questa soluzione era preferita ad altre perché ritenuta più funzionale alla conservazione del prodotto, ma anche per ragioni di natura economica. Il costo della manodopera necessaria per scavare un frantoio, infatti, era inferiore a quello che avrebbe comportato l’ingaggio di muratori esperti. Di solito, i lavoratori addetti al trappeto (“ṭrappitari” o “ṭrappitanti”) erano almeno 5, guidati da un capo (“nachiru”) che dirigeva i lavori, stabiliva gli orari, disponeva i turni di riposo.
Nel periodo di attività, il trappeto rappresentava tutto per coloro che vi erano impegnati: il luogo di lavoro, la casa, la famiglia. Questi uomini si recavano nelle loro dimore solo per la festa dell’Immacolata, per Natale e per Capodanno. Il lavoro era durissimo e si protraeva dalle 2 di notte alle 6 di sera. Per questi motivi il trappeto veniva considerato “chiesa”, ma anche inferno . [www.dialettosalentino.it]
(2) Il palo usato per il torchio viene paragonato a un uomo disteso
(3) L’uomo disteso è inteso come un bambino la cui mamma, deve cullare ogni mezz’ora. “mamma” potrebbe anche indicare il padrone