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..dalla tradizione del salento

Fimmine Fimmine

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fimmine fimmine
ca sciati allù tabaccu

ne sciati dhoi e ne turnati quattro,
ne sciati dhoi e ne turnati quattro.

fimmine fimmine ca sciati allù tabaccu
ne sciati dhoi e ne turnati quattro,
ne sciati dhoi e ne turnati quattro.

Ci ve lu dice ‘chiantati lu tabaccu
la titta nù ve tà li tiraletti,
la titta nù ve tà li tiraletti.

Ca poi li sordi ve li benedicu
cu ve cattati e noci pe natale,
cu ve cattati e noci pe natale.

Lu dicu sempre cu nu chianti lu tabaccu
lu sule è forte e te lu sicca tuttu,
lu sule è forte e te lu sicca tuttu.

Fimmine fimmine ca sciati alle ulie
cujiti e fitte e puru le cijare,
cujiti e fitte e puru le cijare.

Fimmine fimmine ca sciati a vindimmiare
e sutta lu cippune ve la faciti fare,
e sutta lu cippune ve la faciti fare.

E Santu Paulu meu te le tarante,
pizzichi ‘e caruse a ‘mmenzu l’anche,
pizzichi ‘e caruse a ‘mmenzu l’anche.

E Santu Paulu meli te li scurpiuni
pizzichi i carusi alli cujuni,
pizzichi i carusi alli cujuni.

Si tratta di un canto di lavoro e di denuncia delle condizioni delle “tabacchine”, le ‎lavoratrici del tabacco, una categoria che fu molto sfruttata ma anche molto attiva e ‎combattiva.

La traduzione letterale del canto è la seguente :

femmine femmine che andate al tabacco
andate in due e tornate in quattro,
andate in due e tornate in quattro.

Chi ve lo dice piantate il tabacco
la ditta non vi da il telaio,
la ditta non vi da il telaio.

Che il denaro li benedico
per comprarvi le noci per natale,
per comprarvi le noci per natale.

lo dico sempre di non piantare il tabacco
il sole è forte e lo essicca tutto,
il sole è forte e lo essicca tutto.

Femmine femmine che andate alle olive
raccogliete quelle fitte e le “cijare”,
raccogliete quelle fitte e le “cijare”.

Femmine femmine che vendemmiate
e sotto la pianta ve la fate fare,
e sotto la pianta ve la fate fare.

E San Paolo mio delle tarante,
pizzichi le ragazze tra le gambe,
pizzichi le ragazze tra le gambe.

E San Paolo mio degli scorpioni
pizzichi i ragazzi ai testicoli,
pizzichi i ragazzi ai testicoli.

Nella lavorazione del tabacco, il lavoro era in gran parte manuale e per la ‎foglia del tabacco c’era bisogno di mani esperte, veloci, abili e fini, come quelle delle donne e molto spesso dei ‎bambini. Oltre a questo donne e bambini potevano essere pagati molto di meno e sfruttati molto ‎di più degli uomini.‎

Il verso “Fimmine fimmine ca sciati allu tabaccu ne sciati ddoi e nne turnati quattru” che spesso è stato inteso in senso positivo, quasi ad indicare una situazione di libertà sessuale estrema nelle campagne lascia intendere invece una situazione in cui spesso le lavoratrici erano oggetto di molestie e di violenze sessuali da parte dei superiori, che avevano come conseguenza delle gravidanze non desiderate.

Un altro significato che spesso si da alla frase è che le donne tornassero raddoppiate perché spezzate in due dalla fatica.

In Fimmine fimmene viene espresso il disappunto per lo scarso o nullo guadagno che è possibile ricavare dalla coltura del tabacco, a fronte di molte ore di lavoro.

Il testo non riguarda solo la coltura del tabacco, ma le condizioni di lavoro e di vita delle contadine, a seconda dei periodi dell’anno raccoglitrici di tabacco, di uva, di olive, sempre tuttavia con scarso guadagno, tanto da essere costrette a sostituire i dolci natalizi con le noci.

Una strofa poco nota conferma questa interpretazione in modo esplicito:

Te l’aggiu ditta ca alla fabbrica non ci hai scire
rria poi lu duca e te àusa lu mantìle

(Ti ho detto di non andare al magazzino  viene il duca e ti alza il grembiule.)

Altre strofe meno note sono:

Ci be la dice cu chiantati zagovina
poi vene la finanza e be rruvina

Ci be la dice cu chiantati lu salluccu
passa lu duce e be lu tira tuttu

In cui la zagovina è la Erzegovina, una qualità di tabacco la cui coltura era, evidentemente, proibita.

Per quanto riguarda salluccu, forse il termine si riferisce ad un’altra qualità di tabacco coltivata, anche se in misura limitata, nel Salento: l’Aya Soluk. In ogni caso è da notare l’allusione al duca, che ci rimanda direttamente ai servi della gleba. O più semplicemente al Duce, di più recente, triste memoria.

Fonti

Parte della descrizione del testo è presente in “Tabacco e Tabacchine nella tradizione musicale“, di Roberto Raheli, presente nel libro “Tabacco e tabacchine nella memoria storica” di Vincenzo Santoro e Sergio Torsello, ed. Manni.

Libricino del  LP Canti di terra d’Otranto e della Grecìa salentina del Canzoniere Grecanico Salentino

Autore: Mauro De Filippis

Laureato in Ingegneria Informatica nel 2008 presso l’ Università del Salento, Appassionato di Musica e di Musica Popolare, sono tra i fondatori del Gruppo Musicale e vicepresidente dell'Associazione Culturale AriaFriscA per oltre 15 anni impegnata nella rielaborazione e riproposizione della tradizione musicale Salentina. Studio Fisarmonica, adoro strimpellare gli strumenti della tradizione Celtica quali Tin e Low Whistle. Attualmente collaboro con i Tammurria e i SemiSparsi Per contattarmi potete usare la pagina Facebook di stornellisalentini.com Mi trovate anche su : Instagram by Mauro De Filippis e Youtube by Mauro De Filippis

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